LA FORZA ARCANA E SEDUCENTE DI MAURO BERRETTI
Bruce Chatwin, autore amato da Mauro Berretti, sosteneva di poter scrivere solo a condizione di poter viaggiare, un transito ininterrotto che crea le condizioni per poter riflettere, avere memoria di ciò che si rischia irrevocabilmente di perdere. La memoria e l’oblio, tra memoria e perdita, c’è un vuoto che la scrittura può colmare. Un vuoto che, nel caso di Berretti, è colmato dalle immagini o dalle tracce che lasciano. Il tempo è un’esperienza dolorosa che non ha nulla a che fare con lo spettacolo in cui siamo immersi come in una sorta di eterno presente. E la “memoria” è affidata all’incanto dei segni e dei colori che investono le sue tele, quasi fosse la presentazione di un documento esibito come attestazione – inequivocabile e insieme poetica – di un evento che non ha nulla di pittoresco, di “panoramico”, per presentarsi piuttosto come resoconto di un evento antropologico, come segno che rivela il corso di una cultura. Segni e colori che alludono, che evocano altri mondi, senza inganni o pretese, ma giocando comunque su possibili fraintendimenti della visione. Le sue visioni sono proprio questo: un gioco di separazione tra la realtà dell’immagine e le attribuzioni di significato. Lavorando e rifacendo le distanze, non solo temporali, non solo semantiche, ma prima di tutto “culturali”, mantenendo intatta la loro forza arcana e seducente, quasi a sottolineare gesti che si fondono con il documento: certezze che, ancora una volta, sembrano vacillare. Insomma, Berretti ci invita a diffidare di ciò che presumiamo di sapere. E non è l’esotico”, il “diverso”, la “curiosità” che l’autore cerca, ma piuttosto una convenzione, un originale compromesso tra la memoria e il veicolo che la esprime, tra la memoria e il mezzo che ne fa In una parola: un “metodo “che è in grado di liberare lo sguardo. Berretti, nella varietà anfibia dei suoi temi, delle sue serie, cerca di essere un soggetto che orchestra la molteplicità degli sguardi e che, con umiltà e coraggio, ne coglie le ambiguità e le sorprese, le ambivalenze e le seduzioni.
PASSIONI – una breve biografia
Mauro Berretti nasce a Ravenna il 15 gennaio 1959 e già da bambino mostra due grandi passioni innate: una per la musica e una per la pittura e il disegno. Crescendo queste due passioni emergono prepotentemente prendendo il sopravvento sulla sua personalità introversa e, di conseguenza, nella sua vita. Già intorno ai 10 anni costruisce una sorta di batteria e percussioni con vecchi barattoli di vernice, per poter sfogare la sua passione per la musica e, incoraggiato dal maestro di disegno artistico della scuola media, verso i 13/14 anni inizia dipingere paesaggi ad olio su tele di piccolo formato. A 17 anni tutto cambiò, la sua causa fu la frequentazione delle discoteche, una tra tutte gli cambiò la vita, fu la Baia degli Angeli a Gabicce (PU) Fu lì che vedendo come due dj americani Bob e Tom mixavano dischi ebbe un una sorta di illuminazione e un anno dopo ha iniziato a suonare come dj e da allora non ha più smesso. Fa questo mestiere da più di 40 anni con passione, dedizione e successo, e non solo in Italia, con il nome d’arte DJ Ebreo, soprannome che aveva già da ragazzino. Di tutto questo, quella che ne ha pagato le conseguenze è stata la pittura, che a 17 anni è stata un po’ accantonata ma non definitivamente. Dopo aver pianificato bene la sua carriera da DJ, nell’89/90 riprende a dipingere e questa volta non la abbandonerà più. Dipinge costantemente per un decennio solo ed esclusivamente per se stesso, tutte le opere che ha crea sono solo per soddisfare questa esigenza di esprimersi ancora una volta senza parlare. Solo gli amici intimi che frequentano la sua casa hanno l’opportunità di vedere alcuni dei suoi lavori e di tanto in tanto li regalava. Intorno al 2000 inizia a esporre le sue opere perché le considera già pronte: racchiudono uno stile e un linguaggio personali abbastanza riconoscibili, (qualcosa che gli mancava nel decennio precedente quando aveva cercato maggiormente di comprendere le tecniche pittoriche utilizzate dai grandi maestri contemporanei come Burri, Mirò, Schifano o Basaldella e così via.). Berretti non è un pittore accademico, non ha frequentato nessuna scuola d’arte, è un autodidatta che ha voluto formarsi in totale autonomia, sperimentando e cercando una sua personale strada da seguire
MAURO BERRETTI’S ARCANEAND SEDUCTIVE STRENGTH – by Bruno Bandini
Bruce Chatwin, an author lovedby Mauro Berretti, claimed to beable to write only on condition ofbeing able to travel, anuninterrupted transit that createsthe conditions for being able toreflect, to have memory of whatone irrevocably risks losing.
The memory and oblivion,between memory and loss, thereis a gap that writing can fill. A gapwhich, in the case of Berretti, isfilled by the images or by thetraces they leave.
Time is a painful experience thathas nothing to do with thespectacle in which we areimmersed as in a kind of eternal present. And the “memory” is entrusted tothe enchantment of the signsand colors that invest hiscanvases, almost as if it were thepresentation of a documentexhibited as a certification -unequivocal and poetic at thesame time – of an event that hasnothing picturesque , of”panoramic”, to present itselfrather as an account of ananthropological event, as a signthat reveals the course of aculture.
Signs and colors that allude, thatevoke other worlds, withoutdeceit or pretense, butnevertheless playing on possiblemisunderstandings of vision.
His visions are just that: a gameof separation between the realityof the image and the attributionsof meaning. Working and puttingback on distances, not onlytemporal, not only semantic, but first of all”cultural”, keeping their arcaneand seductive strength intact, asif to underline gestures thatmerge with the document:certainties that, once again, seemto waver.
In short, Berretti invites us todistrust what we presume toknow. And it is not the exotic”,the “different”, the “curiosity”that the author seeks, but rathera convention, an originalcompromise between memoryand the vehicle that expresses it,between memory and themedium that makes it In a word:a “method” that is able toliberate the gaze.
Berretti, in the amphibious variety of his themes, of his series, tries to be a subject who orchestrates the multiplicity of gazes and who, with humility and courage, captures their ambiguities and surprises, ambivalences and seductions.
DRIVING PASSIONS – a short bio
Mauro Berretti was born in Ravenna on 15 January 1959 and already as a child he showed two great innate passions: one for music and one for painting and drawing. Growing up these two passions emerge strongly taking over his introverted personality and, consequently,
in his life. Already around the age of 10 he builds a sort of drums and percussions with old paint cans, to be able to vent his passion for music and, encouraged by the artistic drawing teacher of the middle school, around the age of 13/14 he began to paint oil landscapes on small format canvases.
At 17 everything changed, the cause of him was his attendance at discos, one of all changed his life, it was the Baia degli Angeli in Gabicce (PU) It was there that seeing how two American DJs Bob and Tom mixed records he had a kind of enlightenment and a year later he started playing as a DJ and he hasn’t stopped since then. He has been doing this job for more than 40 years with passion, dedication and success, and not only in Italy, with the stage name DJ Ebreo, a nickname he already had as a kid.
Of all this, the one that paid the consequences was painting, which at the age of 17 was set aside a little but not definitively. After planning his DJ career well, in 89/90 he takes up painting again and this time he will never abandon it.
He paints constantly for a decade only and exclusively for himself, all the works he
creates are only to satisfy this need to express himself once again without speaking.
Only close friends who frequenthis house have the opportunity tosee some of his work and fromtime to time he gave them some.
Around 2000 he began to showhis works around because heconsidered them ready: theyincluded a style and a quiterecognisable personal language,(something that was missing inthe previous decade when he hadtried more to understand thepictorial techniques used by thegreat contemporary masters suchas Burri, Mirò, Schifano orBasaldella and so on.).
Berretti is not an academicpainter, he has not attended anyart school, he is self-taught whowanted to form himself in totalautonomy, experimenting andlooking for his own personal wayforward